- BAMBINI E BAMBINE -

“EMIGRANTI TRA IL 1866 E IL 1920"

 

 

    L’inizio dell’emigrazione dei fanciulli in Italia si ha nell’anno 1866 e per venti anni sarà rivolta soprattutto verso l’Europa, solo in seguito, nel 1887, si avrà un flusso di emigrazione verso l’America del sud mentre, dal 1900 invece la meta preferita degli emigranti fu gli Stati Uniti d’America. Dal 1869 al 1900 in trentuno anni, 6 milioni di italiani lasciano la penisola; dal 1901 al 1914 crescono a 8 milioni gli italiani che emigrano di cui più della metà diretti oltre oceano.

    Per quanto riguarda i bambini sotto i 12 anni, secondo le stime di Leone Carpi, nel solo 1870 dovrebbero essere emigrati in circa 3000 e precisa che a volte non si contavano i singoli bambini ma alla frontiera veniva scritto a fianco del genitore “…e famiglia”, il che vuol dire che sono stati molti di più. I fanciulli potevano andare a lavorare insieme ai genitori ma, molto spesso, venne fuori la consuetudine di cederli o affidarli a terze persone per mandarli a lavorare da soli all’estero. I lavori per i quali erano impiegati i bambini erano perlopiù di bassa qualifica e con finti contratti di apprendistato, tanto che a volte sconfinavano nel mendicare e nel vagabondare. Le poche industrie che li prendevano erano quelle del vetro (in Francia), delle Filande, manufatturiere e nelle miniere.

 

 

    Le leggi emanate nel 1859 sulla tutela del lavoro minorile davano dei diritti ai bambini ma, di fatto però molti di loro non arrivarono mai a goderne perché la povertà delle loro famiglie era tale da cancellare tutti i buoni propositi delle leggi emanate. La piaga della povertà è stata in quei tempi tale da determinare prima il brigantaggio, espressione di un malcontento contadino privo di sbocchi, poi la tratta dei bambini e infine l’emigrazione adulta.

    Le nostre zone e in particolare Roccadarce furono in ugual modo al resto dell'Italia interessate alla tratta dei fanciulli, essi, con un età compresa tra i 6 anni e i 15 furono, di contrabbando, venduti dalle famiglie e portati in Francia, Inghilterra e infine anche in America. Venivano impiegati oltre che nelle poche fabbriche anche in professioni girovaghe: strimpellatori d’arpe, suonatori di organetti, saltatori di corda, ballatori di tarantelle, funanboli e spazzacamini; mestieri che celavano la più orrida delle cose “L’accattonaggio”.

 

 

Affidati a trafficanti loschi e abusatori della patria potestà, i bambini dai sei anni in su, in prevalenza maschi furono portati la maggior parte in Francia, fatti passare per via terra lungo le coste del Mediterraneo fino a Nizza e a Marsiglia per attraversare le Alpi da Briançon. Venivano poi impiegati principalmente nelle vetrerie di Lione e Parigi, lavorando in queste fabbriche in condizioni disumane e al limite della sopportazione fisica.

   Riporto alcune testimonianze che ci descrivono la gravità della situazione in cui operavano questi fanciulli:

- A Fontana Liri ad esempio, alcuni ragazzi erano tornati dalle vetrerie francesi così malconci che in breve moribondo quasi tutti e le famiglie assalirono il sindaco perché facesse ritornare gli altri in Italia. - - Un ragazzo sempre di Fontana Liri, sopravvissuto racconta: “Quando partimmo io ero scalzo; prima disse (il negriero) che mi avrebbe comprato le scarpe a Cassino, arrivati qui, disse che le avrei avute a Napoli; arrivati a Napoli sulla carretta eravamo in 24; ci imbarcò per Lione, senza scarpe, là mi mandò alla fabbrica con le scarpe di legno e così rimasi; spesso sui piedi nudi cadevano pezzi di vetro bollente, o sul petto e in faccia”.

- Un altro ricorda : “La sete era tale e tanta nella vetreria, che bevevamo due bottiglie di acqua ognuno di noi ogni ora e la sete non finiva mai”.

- Ancora un fanciullo: “Io ero costretto a lavorare 12 ore di continuo davanti alla fornace; non avevo altra camicia da cambiare quando ero sudato; il sudore asciugato mi produsse dei dolori alla schiena, un giorni caddi svenuto; quando rinvenni, il caporale mi obbligò a riprendere il lavoro, svenni di nuovo e mi portarono in ospedale". Questo ragazzo rientrato al paese fu dichiarato incurabile.

- Un Bambino scrisse al Sindaco del suo Paese: "Noi siamo piccoli, non possiamo parlare perché il padrone ci bastona. Da quando ci hanno licenziato dalla fabbrica di Lione ci stiamo morendo di fame. Scrivete al Console che il Frezza ci ha cambiato il nome, non abbiamo a chi ricorrere perché siamo piccoli. Lavoriamo la notte e il giorno, dobbiamo andare al bosco a rubare la legna, le pulci ci mangiano.”

- Un altro testimonia: “Antoniuccio, come si faceva chiamare, le monsieur, come lo chiamavano i francesi non lavorava e viveva su noi ragazzi: ne aveva tredici registrati e due clandestini; detratte le 100 lire annue, che mandava ai parenti in Italia e le spese di mantenimento, guadagnava, oziando, oltre 8.000 lire l’anno.

- Un bambino di Roccadarce di tredici anni, gravemente ustionato al piede, non viene curato da un medico proprio per evitare la denuncia e “deve accontentarsi del rimedio empirico di lavaggio con petrolio”.

    Secondo il medico dell’Ambasciata d’Italia a Parigi, la maggior parte dei bambini che lavorano nelle fabbriche francesi presentano enfisemi polmonari, polmoniti, malattie cardiache, ustioni della pelle e denutrimento. Da notizie raccolte contribuirono non poco a queste crudeltà anche le Amministrazioni Comunali che dichiaravano moltissime volte età inferiori ai bambini, affinché i genitori potessero inviarli a lavorare all’estero.

    Il Municipio di Roccadarce rilasciava atti di nascita in bianco, i negrieri li riempivano dei nomi e delle date a loro convenienti. Il Sottoprefetto denunziò alla giustizia il segretario Paolella Gennaro e il vicesegretario Conte Angelo, che cercarono di scagionarsi asserendo che li rilasciavano per ordine superiore.

 

 

    La legislazione minorile sul lavoro (1873,1886) e sull’obbligo scolastico (1859,1877) inizia a limitare l’autorità paterna sui fanciulli; all’inizio del 1900 iniziano i primi diritti dei minori, nel 1902 viene emanata una nuova legge sul lavoro minorile che stabilisce il divieto di lavoro nelle fabbriche prima dei 12 anni, due anni dopo si adegua anche l’obbligo scolastico alla stessa età. Nel 1911 si stipula una convenzione italo-francese per i lavoratori, ma solo nel 1919 si arrivò alla prima Conferenza internazionale del lavoro tenutasi a Washington che stabilì l’età legale d’ammissione a 14 anni, a proibire il lavoro notturno per i minori e ad elencare i lavori dannosi alla salute dei fanciulli.

    L’Italia oggi non è più un paese di emigranti ma anzi meta di immigrazione e anche nelle nostre città oggi possiamo vedere bambini stranieri vendere i fiori, pulire i vetri delle macchine o chiedere semplicemente l’elemosina, non diversamente da quanto facevano i bambini italiani nell’ottocento, non solo all’estero ma anche in Italia.

 

Notizie tratte dal libro “Soli per il mondo”

Bambine Bambini emigrati tra otto e Novecento

Di Giulia Di Bello e Vanna Nuti